29 novembre, 2007

Al post l'ardua sentenza


Tutti a ripetere con enfasi: la maggioranza del Pd, sostenuta da De Mita e Bassolino, è stata “rovesciata” nel corso dell’elezione al segretario provinciale di Napoli del PD.
In questo modo, dopo settimane di rissa tra nomenclature, la vicenda del nuovo partito – le cui diverse componenti comunque a turno ci governano ininterrottamente dal 1993 con i risultati che connotano non certo nel miglior modo la nostra vita e quella dei nostri figli - sarebbe venuta a un arresto nella continuità. E tutti parlano di svolta.
Ma lo è?
Mah…
…per come poco democratiche sono state tutte queste vicende da prima del 14 ottobre ad oggi, così come ho ripetuto fino alla nausea (vedi, ancora, articolo di ieri su Repubblica Napoli), a me adesso vengono solo in mente gli ultimi versi del ben noto Coro, alla fine del terzo atto dell’Adelchi di Manzoni (mi costrinse a impararli a memoria il mio prof. del ginnasio, anno di grazia 1968) che qui - a me pare – tornano davvero utili:
“Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico,
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha”.

22 novembre, 2007

Waterloo delle politiche sociali

La situazione degli operatori del sociale ci consegna un quadro di disprezzo istituzionale e della politica in Campania per chi lavora ogni giorno con i più deboli. E’ un quadro deprimente – ben al di là di piccole e incerte soluzioni emergenziali su budget comunali e pagamenti arretrati – che mostra malsana e colpevole nullità delle politiche di contrasto della esclusione sociale. Lo dico da cittadino e da interno del settore.
E' una roba raccapricciante.
Napoli in particolare può essere presa come l'esempio di tutto quello che tutte le raccomandazioni internazionali, quelle europee, le buone esperienze nazionali, internazionali e anche locali e la ampia letteratura di settore dice di NON fare!
Al netto dei piani megagalattici (ricordiamoci: la mappa non è il territorio!!), al netto del lessico politically correct e dei proponimenti annunciati e altisonanti è una Waterloo di ogni sensata politica pubblica.
Infatti: quel che avviene è quel che conta.
Perciò: è tempo, intanto di indignarsi. Poi di mettere le cose a fuoco e in ordine. E in questo si riparta subito da due cose: dai paurosi nostri dati sulla povertà e, insieme, dallo status effettivo degli operatori sul campo. Il resto è, francamente, falsa coscienza.
Anche di ciò spero si possa parlare molto di più, magari anche un po’ stasera…

Giovedì 22 novembre, ore 18
la Feltrinelli - piazza dei Martiri
Incontro con Curzio Maltese
Intervengono Marco Rossi Doria (che sono io) e Massimo Villone

L’ occasione è l’uscita del libro I padroni delle città, dove Maltese ha rielaborato i reportage realizzati per Repubblica, trasformandoli in una inchiesta sulle città italiane degli ultimi dieci anni. Da Aosta a Taranto, l’alternanza tra buon governo e cattiva o cattivissima amministrazione.

17 novembre, 2007

Come e quando i cittadini possono decidere

Questo post contiene:
  1. grazie sorella di pandora
  2. aggiornamenti sullo spazio aperto
  3. notizie tristi dalla lista Bindi
1. Grazie alla sorella di pandora per la sollecitazione. Mi ritrovo sostanzialmente con la ricostruzione che Daniela – nei commenti – fa delle nostre differenze e dei percorsi possibili che ci sono davanti. Con alcune aggiunte. Vi è un vasto campo comune, sostanziato non tanto da avversione verso l’amministrazione quanto da distanza con questi metodi della politica e questa pseudo-cultura amministrativa. Che con la democrazia sia rappresentativa che partecipativa hanno poco a che fare. Poi, dentro Decidiamo insieme condividiamo dubbi. Cosa preziosa. Faccio i conti, dentro di me, con posizioni come quelle di Norberto o Daniela. E forse viceversa. Questo permette ascolto e scambio autentici. Non siamo su posizioni cristallizzate.
Francamente penso che non si debba buttare via questa cosa – D.I. - che è nata come è nata e che – a distanza di tempo si può ben dire – ha fatto la sua buona battaglia. Perché vi girano belle persone, intelligenze libere. E perché vi è un buon clima. Ma è pur vero che una direzione di marcia – in uno dei sensi o nei diversi sensi indicati da Daniela – va presa con maggiore energia.

2. Nessuno è stato escluso dalla riunione (c’erano i ragazzi di generazione U e anche Costantino) .. e sia il vino che i formaggi erano squisiti. Nella riunione (hai molta ragione, sorella di pandora – lo dovevo scrivere subito!) si è deciso di interrogarsi – in una assemblea pubblica / spazio aperto, da costruire con cura – su “come e quando i cittadini possono decidere”. Anziché evocare la democrazia in modo generico – si è detto – sarebbe, infatti, più utile sostanziare più precisamente un quesito decisivo sul suo effettivo funzionamento. Abbiamo anche ipotizzato che vi fosse una introduzione al tema. A più voci. Di gente che studia questo da tempo. Da diverse prospettive: liberal, municipalista, da democrazia deliberativa. Vediamo se riusciamo a costruire qualcosa, aperta, appunto, insieme. Invitare delle persone esterne al nostro campo e avviare una discussione di merito un po’ meno provinciale del solito…

3. Ma a proposito di mancanza democratica… sono malinconicamente costretto a registrare che nella stessa lista Bindi (che si chiama “democratici davvero” e che si era scostata dalle prassi insopportabili agite in Campania durante le primarie e delle quali ho cercato qui di dare testimonianza) mi pare che – per responsabilità di alcuni - si stia tornando rapidamente ai modi degli altri, ai vecchi metodi, ai linguaggi di sempre.
E’ di oggi la notizia che Anna Maria Carloni entra in direzione nazionale e che Argia Albanese entra nell’esecutivo campano. Per cooptazioni decise senza discussione di merito. E senza dibattito su quali posizioni rappresentare e come.
Sia chiaro: per quanto mi riguarda personalmente non avevo aspirazioni di stare in questi organismi. Notoriamente. Ma volevo parlarne, dato che mi ero speso durante le primarie. Così come avrebbero voluto parlarne altri: Antonella Pezzullo (eletta a Chiaia), Enzo Ruggiero, Osvaldo Cammarota, gli iscritti alla associazione per il Pd, le persone che si sono spese a Caserta o a Nocera o a Torre Annunziata. Il problema è sempre lo stesso, come al tempo delle primarie per sindaco, poi annullate: “come e quando le persone-cittadini (persone!) possono decidere” - appunto!
Nel piccolo gruppo bindiano, che si era un po’ distinto nei modi (insieme ai ragazzi di Adinolfi) nel momento nel quale si decidono rappresentanze nei formandi organismi del Pd alcuni prendono le redini in mano e fanno in modo che non se ne discuta di queste rappresentanze e del merito di quel che intendono rappresentare, soprattutto. Tanto che neanche se ne sapeva niente. Le rappresentanze “sono avvenute”…. Con decisioni prese solo tra alcuni, altrove da luoghi deputati, senza ascolto… secondo metodiche da politburo degli anni quaranta, eletto da nessuno.
E’ l’ennesima offesa alle speranze.
Lo so che mi direte che sono ingenuo e che lo avrei dovuto sempre sapere. Ma – a costo di ripetermi – io credo metodologicamente in quel che mi dicono. Fino a prova contraria. Perché o è questo il metodo - che atti e parole cercano strade congruenti nel fare politica – oppure hanno ragione gli altri con il loro metodo. E nella lista Bindi avevamo deciso di parlarci. Di dirci. Di decidere condividendo. Di riconoscere lealmente le differenze e i normali conflitti. E lo abbiamo anche saputo fare per due mesi.
Ma ora – e per cose importanti - così non è stato.
E anche un testardo liberale di sinistra come me deve arrendersi dinanzi all’evidenza. Peccato.
Nel Pd campano - a primarie chiuse come si sono chiuse - non mi sembra proprio che vi sia l’aria di voler davvero essere democratici e rispettare le tante brave persone che – tra i bindiani così come in altre liste – hanno cercato di dare contributi in modi nuovi e che vogliono far valere le regole partecipative.
Ancora e di nuovo: peccato.

11 novembre, 2007

Quattro fatti di un sabato d'autunno

Ieri è stato un sabato d’autunno con le nitide linee del golfo a ricordarci, come ogni volta, che potremmo vivere bene. In uno dei luoghi più belli del mondo. Ma tutto intorno - come accade in modo ricorrente nella storia del pensiero politico sul Mezzogiorno - ci si ricorda che non è così e che mai lo sarà. Le frecciate e gli affondi – di autori meridionali e del nord, letterati e giornalisti – ridanno fiato alle solite trombe, a due anni dal successo del libro di Bocca. “Non c’è partecipazione. La gente non si mobilita nonostante il degrado. La camorra resterà e così il clientelismo. Perché conviene. E’ un male antropologico, radicato, che consente a tutti di vivacchiare.” Sono le frasi ripetute del pessimismo meridionale peggiore. Quello che beatifica l’immobilismo. E che fa da controcanto all’altro adagio – quello dell’ottimismo d’accatto - che ripete che “non è vero, che si sta facendo tanto e che più di così non si può”. L’uno e l’altro - insieme – tolgono speranza ai nostri ragazzi. Evitano un esame di coscienza rigoroso agli adulti. E sono l’opposto dell’approccio dei grandi meridionalisti che erano ferocemente pessimisti nella disamina della realtà ma mai fatalisti; che proponevano soluzioni e confronto caso per caso, situazione per situazione, riconoscendo colpe, mancanze, tragedie ma anche impegno e faticoso riscatto. E l’uno e l’altro – ancora una volta - consentono alla politica e ai politici di evitare la questione cruciale che riguarda la loro stessa ragion d’essere: far funzionare bene la democrazia. Che vuol dire stare al governo per fare buon governo e stare all’opposizione per fare buona opposizione. E favorire vera rappresentanza e effettiva partecipazione.
Intanto - mentre la mattina di questo sabato trascorre – accadono cose nella nostra città. Che forse ci raccontano una storia più complicata.


Un gruppo di pachistani, giovani e non giovani, si riuniscono dinanzi alla prefettura e spiegano come e perché nel loro paese il generale Musharraf ha sospeso le libertà costituzionali, nella loro lingua e in italiano. A ricordarci che oggi la democrazia davvero attraversa i confini.

Gli abitanti di Poggioreale organizzano riunioni e si chiedono come accogliere o non accogliere 50.000 ecoballe respinte dai concittadini di Chiaiano.

Poco prima i rappresentanti di 3000 operatori sociali – che si occupano di ragazzi esclusi, di anziani, di poveri, di emarginazione in interi nostri quartieri – evidenziano il fatto che spesso non vengono pagati da oltre un anno e raccontano la pochezza delle politiche sociali, incapaci di dare un salario regolare a chi si occupa con regolarità delle parti deboli della città.

Alla stessa ora, a Piazza dei Martiri, molte centinaia di cittadini di Chiaia, che avevano votato a destra o a sinistra, hanno rotto il cliché sulla eterna estaneità della buona borghesia napoletana alla battaglia civile per una città migliore. “Chiaia per Napoli” ha raccolto, attraverso una paziente tessitura tra associazioni, una presenza che segna, infatti, una svolta. La Napoli che sta bene non è più ferma nei suoi salotti a fare il tifo pro o contro l’amministrazione. In uno stile composto, quasi torinese, grida vergogna contro questi anni di immobilismo insopportabile e di cattivo governo urbano. E chiede di concentrarsi sulle cose da fare: parcheggi e sicurezza ma anche raccolta differenziata e confronto su come regolare la vita di notte, come accade altrove in Italia. Sono toni disillusi, come non era mai avvenuto. E come era ora che avvenisse. Ma privi di isterie e di faziosità.

Tutte queste sono cose molto diverse. E ci raccontano forse di una città sofferente ma ricca di potenziali risorse. Nelle sue parti forti e nelle sue parti deboli. Che non si incontrano ancora. Ma che, intanto, dicono alla politica locale – ancora tanto miope da restare arroccata nei suoi consessi a parlare di organigrammi e equilibri tra potentati - che è davvero tempo di un’altra stagione. Meno provinciale. Più attenta alle persone. E concentrata su procedure partecipative e soluzioni dei problemi vivi dei cittadini. Dal governo e dall’opposizione.

05 novembre, 2007

Decenza democratica - 2

Allora facciamo un primo punto su “decenza democratica” a Napoli: giovedì 8 novembre alle 19.30. Non è già l’open space / spazio aperto. Serve a pensarlo, capirne il senso, stabilire se e come organizzarlo. Sarà vino, formaggio e pane. Ci si vede a Via Nilo, n.° 28 (è il primo portone salendo la via sulla sinistra, è a piano terra), sede di Decidiamo Insieme.