01 luglio, 2008

Appello dei cittadini per un'ordinanza a favore della raccolta differenziata d'emergenza dei rifiuti a Napoli

Questo è il testo dell'appello promosso da Antonio Risi e da me e che è stato oggi pubblicato da Repubblica Napoli.
Chi volesse sottoscriverlo può aggiungere il suo nome nei commenti.


Napoli soffre da troppo tempo la "crisi dei rifiuti". Come cittadini riconosciamo e individuiamo le responsabilità in scelte sbagliate. Ma oggi è più importante rendere pubblica la volontà di tanti cittadini della città a sostenere soluzioni di buon senso.
Siamo, infatti, convinti che l'uscita dalla crisi è possibile se vi è l'immediata attivizzazione di noi cittadini per differenziare i nostri rifiuti. E pensiamo che sia un errore parlare di "discarica per rifiuti tal quali", categoria negata dalla normativa nazionale ed europea. Per essere coerenti con le direttive europee e gli obiettivi di Kyoto, infatti, i rifiuti possono essere conferiti in discarica solo dopo essere stati vagliati, pre-trattati e campionati e comunque la discarica deve prevedere un sistema di recupero del biogas o un impianto di stabilizzazione della frazione organica all'ingresso.
Tuttavia, nell'amministrazione della nostra città, si continua ad affermare l'idea che prima si risolve l'emergenza, in via ancora una volta straordinaria e in deroga alla norma vigente, mettendo tutto per ora "tal quale" nelle discariche per togliere i rifiuti dalla strada e solo dopo si può pensare a una diretta responsabilizzazione di noi cittadini.
Noi pensiamo, invece, che è possibile essere subito propositivi e attivarsi e, al contempo, andare finalmente nella direzione della legge e delle indicazioni europee. Pensiamo anche che i cittadini se lo attendono, che lo reclamano. E non in un solo quartiere in via sperimentale ma in tutta la città. Perché molti, nonostante tutto, continuano a differenziare. Perché, negli anni passati, in molti abbiamo mostrato di saperlo fare. Perché nelle nostre famiglie che vivono in comuni in cui si differenzia vediamo che funziona. Perché non vogliamo più rimandare l'apertura di un fronte civile. Perché la nostra volontà di reagire non può essere commissariata come tutto il resto. Perché siamo cittadini italiani ed europei come gli altri e sappiamo assumerci impegni e responsabilità in modo diretto e costruttivo.
Vogliamo differenziare subito. Contro l'idea di "rifiuti tal quali".
E' ora di dare risposta ai nostri sentimenti di esasperazione e frustrazione e a uno stato di minorità. Vogliamo partecipare a un segno collettivo di speranza e soluzione. E chiediamo, semplicemente, di essere messi alla prova e che sia perciò immediatamente emanata un'ordinanza che proibisce dal primo luglio - su tutto il territorio comunale - il conferimento di rifiuti indifferenziati ed imponga, come avviene in altri luoghi della Campania, che tutti i rifiuti siano conferiti separatamente e solo nei sacchi e nei contenitori forniti dal Comune stesso.
Non pensiamo, evidentemente, che in un mese a Napoli si possa ottenere la raccolta differenziata vera e propria. E sappiamo che organizzare il "porta a porta" richiede più tempo.
Intanto, però, a partire dal primo luglio - per rispondere all'emergenza estiva - tutti i cittadini possano essere chiamati con forza a conferire i loro rifiuti organizzandoli in diversi contenitori e sacchi forniti dal Comune:
- uno piccolo per i rifiuti pericolosi (pile, medicinali, acidi, solventi, vernici ecc.) che possono essere raccolti una volta a settimana,
- uno grande traslucido che contenga - uniti o, a loro volta già differenziati al suo interno - plastica, alluminio, vetro, carta e cartoni e che può essere raccolto due volte a settimana
- e soprattutto uno piccolo dove mettere ogni giorno il materiale organico, ovvero quello che puzza, marcisce e non si può tenere a lungo in casa, soprattutto d'estate.

Siamo convinti che il risultato potrebbe essere positivo in modo sorprendente e che, comunque, tali semplici misure darebbero un segno di speranza e civismo e che questo non entrerebbe in contrasto con tutte le iniziative volontarie attivate o da attivare (campane per il vetro e per le plastiche, raccolta di cartoni e imballaggi commerciali, raccolta porta a porta in quartieri pilota, isole ecologiche, convenzioni con le scuole o con le parrocchie, ecc.). Anzi, le esalterebbero.
Se si agisce così subito forse il sistema di raccolta e smaltimento non sarà ancora in grado di svuotare le strade dai sacchetti. Ma almeno vi saranno più sacchetti ben confezionati e meno monnezza "tal quale", un segnale di avvio di qualcosa, che i cittadini vedranno in TV, che i nostri figli potranno registrare.
Se si agisce così subito non vi sono contro-indicazioni di merito. L'avvio immediato della differenziazione, come provato dalla vicenda dei cartoni che ha subito dato risultati, riduce comunque la probabilità che il sistema di raccolta e smaltimento collassi. Separare i rifiuti pericolosi, quantitativamente limitati, comunque ne favorisce il corretto smaltimento. Spedire i sacchi non organici in Germania o anche in impianti più vicini comunque sarà più facile e più economico. E i sacchi dell'organico saranno trattati comunque con maggiore efficacia e senza produrre ecoballe dagli impianti ex CDR giustamente dedicati alla stabilizzazione della frazione organica.
Ma più importante ancora: si tratta di un'azione educativa, simbolica e di riscatto che non è più dilazionabile. E se Napoli compirà questo piccolo miracolo sarà forse più facile anche trovare un accordo con le altre località individuate per realizzare presto un sistema di discariche di standard europeo, localizzate con criteri razionali in aree a bassa densità abitativa e buone condizioni idrogeologiche.
Perciò noi chiediamo, noi speriamo che il Comune di Napoli accolga questo appello a un'ordinanza municipale per la "raccolta differenziata d'emergenza".
Forse ci saranno zone della città che rispetteranno poco l'ordinanza - o forse no - ma, se daremo già queste istruzioni semplici e comprensibili, la stragrande maggioranza dei cittadini napoletani sarà felice di partecipare ad una azione di riscatto civile. Perché non ne possiamo più della puzza e dei roghi, perché tutti temiamo l'estate e perché vorremmo in tanti potere avere la possibilità di un'attivizzazione concreta, fatta con strumenti semplici, operativi che, ad oggi, non abbiamo avuto.

Valentino Alaia, Franco Adamo Balestrieri, Luciano Brancaccio, Antonio Centomani, Sara Celentano, Pietro Cerrito,
Maria Laura Chiacchio, Giuliana Chiaiese, Lino Chimenti, Stefano Consiglio, Maurizio Conte, Flavia Columbro, Giulio Corbo, Edoardo Cosentino, Mara D'Avino, Raffaele De Luca Tamajo, Bruno De Felice, Donato Di Donato, Elvira Di Donato, Raffaella Di Lauro, Antonio Di Nitto, Maria Donisi, Anna Esposito, Sergio Fedele, Patrizia Ferrandes, Carla Franco, Norberto Gallo, Adriano Giannola, Gabriella Gribaudi, Francesco Iacotucci, Teresa Iarrobino, Desirèe Kuhne, Giulia Larizza, Carlo Lauro, Daniela Lepore, Maria Liccardo, Caterina Loffredo, Fabiana Martone, Giovanna Martorelli, Mario Martorelli, Mario Mastrocecco, Aldo Masullo, Annalisa Mignogna, Paolo Monorchio, S. Morra, Ida Napolitano, Carla Orilia, Rossella Paliotto, Sara Parlato, Roberto Pennacchio, Emilia Perriello Zampelli, Enrico Rebeggiani, Antonio Risi, Danilo Risi, Pina Romano, Marco Rossi-Doria, Nunzio Rovito, Sara Santorelli, Dario Scalella, Dario Scognamiglio, Raffaele Settembre, Serena Taglialatela, Anna Talotti, Roberto Vallefuoco, Susi Veneziano, Andrea Vitolo.

Tiemp bell ‘e na vota

Città di Napoli, ottavo anno del secolo, primo dì del mese di luglio. Faceva caldo. E puzzava davvero la monnezza sulle strade di molte periferie e anche del centro. Ormai da mesi e mesi. Tanto che erano sparite le foto sui cartelloni pubblicitari che mostravano la città linda e pinta in barba alla realtà. Neanche l’inventore di quella forma crudele di propaganda – uno scaltro assessore, esperto in un’arte di quel tempo, la “comunicazione” - osava più farli affiggere, tanto era stridente e dunque controproducente, ai fini della sua stessa arte, il rapporto tra quel che i cartelloni mostravano e le stimolazioni che la monnezza recava alla vista e all’olfatto dei cittadini da così tante settimane.
Monnezza era il termine – un nome comune collettivo, usato al singolare, come si fa ancor oggi per altre entità plurali quali gregge o squadra - che allora era d’uso per definire quel miscuglio malodorante fatto, appunto, di più cose: plastica, carte, cartone, rifiuti organici, vetro, acidi, copertoni, ferraglie, materassi e quant’altro. Perché allora in quel di Napoli si usava ancora mettere insieme cose così diverse che si erano consumate mentre in tanti luoghi di Ponente e di Levante già si trattavano in modo differente e secondo le nature diverse di ogni cosa. E in quel di Napoli si usava ancora allora, inoltre, gettare tale monnezza per le strade in buste. Sì, per le strade. Perché le discariche – luogo dove, in barba alla stessa legge di allora si accumulava questa stessa collettiva monnezza tal quale – erano stracolme da anni in quelle lande; ed era divenuto vieppiù difficile trovarne altri di luoghi adibiti a queste discariche senza che gli abitanti delle zone attigue si ribellassero per il gran tanfo che questa monnezza emanava.
Così le buste che contenevano tal monnezza stazionavano per lunghi giorni in mezzo alla città, nei pubblici spazi, in quel avvio di luglio napoletano. E si aprivano. E riversavano il loro multiforme contenuto per le strade, dove, appena pioveva la monnezza prendeva la via dei tombini, allagando le carreggiate regolarmente mentre quando v’era il solleone, come in quelle giornate, le buste e i suoi contenuti venivano bruciati da cosidetti vandali per coprire con la puzza della plastica accesa il tanfo che emanavano. Ma quella plastica bruciata diffondeva a sua volta nell’aere la diossina, una sostanza assai nociva, che invadeva i polmoni soprattutto di anziani e bimbi e contribuiva a favorire dolorose malattie mortali. Quando, invece, ristava per strada, la monnezza nutriva ratti e gabbiani che, ingurgitandola, divenivano giganteschi e ogni tipo di insetti, protozoi, batteri, pronti a colpire animali e umani con infezioni che recavano nomi arcaici: tifo, salmonella, scighella, colera, giardia.
Mentre tutto ciò accadeva, nella fresca brezza della Svizzera a oltre mille chilometri più a Nord, dove la monnezza veniva da tempo già trattata come si conviene, Sofia Loren, una talentuosa attrice e dama di gran portamento di quel tempo, dalla lunga e premiata carriera e ormai già avanti negli anni – che viveva in una villa di lusso a Ginevra e naturalmente possedeva ricche case in ogni dove – veniva a sapere, grazie a un foto inviatele non si sa da chi, che la sua casa d’infanzia in quel di Pozzuoli, mai frequentata negli ultimi settanta anni né di sua proprietà, era circondata, appunto, di monnezza, cosa che le doleva assai.
Povera ignara era, tuttavia, della bella novella. Nessuno, infatti, le aveva comunicato che in quegli stessi giorni la Signora sindaco della bella città di Napoli aveva già provveduto a tutto risolvere riguardo alla monnezza poiché aveva deciso di fare costruire un inceneritore di monnezza ad Agnano, antico luogo termale non distante da Pozzuoli. Sì un inceneritore, detto termovalorizzatore perché, se mai la monnezza non fosse stata umida, il suo bruciare, entro apparecchi in luoghi chiusi, poteva produrre energia. Termovalorizzatore, o, per gli amici, Termo, semplicemente. Così lo si chiamava. E l’eccitamento era stato tale – all’annuncio della Signora sindaco - che qualcuno tra i suoi consiglieri aveva gridato: ecco il Termo di Agnano, in luogo delle vetuste Terme di Agnano. E qualche altro, preso dal medesimo entusiasmo, aveva iniziato a disquisire, sui giornali locali, circa le forme che l’edificio del Termo stesso avrebbe potuto assumere: a guisa di guglie vistosamente colorate, secondo lo stile d’Oriente o dalle forme più lineari e sobrie secondo mode architettoniche più in uso in Occidente. Nel clima generale, sempre più entusiasta, la Signora sindaco della bella città di Napoli, indifferente all’olezzo che il bruciare del sole di quei giorni e i fumi della famigerata diossina spargevano per la città, aveva organizzato una visita guidata per assessori e membri del consiglio comunale, a un Termo molto lodato in quel tempo, sito in quel di Brescia, che pareva divorasse monnezza come un dragone. Le spese di andata e di ritorno erano a carico dei contribuenti perché si trattava evidentemente di un sopralluogo di pubblica utilità in vista della realizzazione del Termo di Agnano.
Ma di tutto questo fattivo ed entusiasta operare la signora Loren, nella sua magione elvetica, nulla poteva sapere e dunque – pare – non riuscisse a darsi pace per la sorte capitata alla sua casa natìa. Nè poteva gioire la signora Loren del fatto che il Termo di Agnano sarebbe stato eretto, con un decor o con un altro, nei tempi consueti e comunque entro il primo quarto del secolo con buona probabilità. Né poteva felicitarsi la signora Loren del fatto che, intanto, entro il tredicesimo anno del secolo e dunque con indispensabile ponderatezza, ogni parte della monnezza si sarebbe potuta dividere l’una dall’altra anche a Napoli - come riconosceva certo Signor Mola, un solerte assessore di allora - così come tanti già da tempo avevano appreso a fare nella stessa città, nonostante che la Signora sindaco e il signor Mola stesso, giustamente prudenti, ritenessero tale pratica certamente saggia ma del tutto prematura e nonostante che già si operasse in tal modo da mezzo secolo nelle città dell’Universo Mondo e ormai da tempo anche nei borghi vicini alla bella Napoli. Né poteva avere soddisfazione l’elegante signora Loren – nella sua lontana Ginevra – del fatto che, in attesa del tredicesimo anno del secolo, l’esercito, entro qualche mese, avrebbe aperto, manu militari e anche a rischio di qualche ferito o peggio, una vecchia cava, fortunatamente lontana dalla natìa e sempre amata Pozzuoli, ove la monnezza, intanto rimasta tale e quale e dunque ancora degna del suo esser nome collettivo, poteva ristagnare a lungo, così come avveniva, in altre cave o grandi scavi, da dieci lustri almeno in giro per quella Terra felice.