08 settembre, 2008

Pensieri dopo le vacanze


Nel week-end, dopo la ripresa del lavoro, sono stato in giro per il Nord. E anche a Mantova a presentare il bel libro di Eraldo Affinati (La città dei ragazzi) e a parlare di scuola, sotto il titolo di "emergenza educativa".
Update: ora disponibile anche la registrazione.

Si vive meglio che da noi al Nord. Non sono certo luoghi perfetti… ma migliori sì. Eccome. E non solo per chi ha i soldi. Basta entrare negli asili-nido, nelle scuole, nei giardini, negli uffici e nei servizi pubblici, nei trasporti, nei musei, negli ospedali ecc.
Ed è bello vedere che cammini per luoghi popolati da persone di continenti, di mondi diversi, a volte anche inseriti nel vivo delle città, delle attività.

Eppure anche a Nord si sente che l’Italia è un posto difficile per le speranze delle persone che credono in cose di buon senso per chi abita il nostro pianeta oggi giorno: avere costante attenzione alle questioni ambientali, non escludere la gente perché non parla la tua lingua o non ha il tuo colore di pelle, pensare che una società che include è più sicura per tutti, pensare che le semplificazioni estreme non risolvono i problemi in un mondo complesso.

In un articolo su Repubblica di Napoli - tra le altre cose - mi domandavo “cosa davvero è successo, in questi anni, ai tessuti connettivi profondi di Napoli se decine di migliaia di persone, povere e non povere, giovani ma anche non giovani, laureati e non, talentuosi e meno talentuosi, sono già partiti da questa nostra città e oggi sono altrove a vivere”, soprattutto, appunto, nelle città del Nord Italia.
Non è stata una trovata retorica. Me lo domandavo nell’articolo perché anche io sto pensando davvero di andare via: le mie esperienze, i miei genitori, i miei avi mi hanno educato a pensare che la vita è più importante della fedeltà ai propri luoghi. Poi – certo – “Partir c’est mourir un peu”, (partire è anche un po' morire), ma come ricordava Bartezzaghi, Prévert aggiunse "Martyr c'est pourrir un peu" (Martire è marcire un po').
Ma, sia pur con tali pensieri in testa, so bene che vi sono, poi, le questioni italiane, che valgono ovunque e chiamano in causa il senso stesso della politica, da noi e al Sud ancor più, ma anche al Nord.
Le regole potranno un giorno valere davvero per tutti o sarà eterno il double standard italico, il fatto, cioè, che quel che vale per i cittadini normali vale meno o molto meno o per nulla per chi ha responsabilità politica?
Le persone - ciascuna per come è e come sa – possono avere un normale confronto, imperfetto sì ma anche esistente, con chi le governa e con chi si oppone a chi governa senza dover aderire servilmente agli assetti già definiti lontano dalle loro esperienze, dai loro linguaggi, dalla loro vita quotidiana, dalle loro competenze?

2 commenti:

Unknown ha detto...

ho insegnato in un quartiere come scanzano dove le classi si formano tenendo conto dell'appartenenza dei bambini a clan camorristici avversi. a caporivo accoglievamo gli alunni per evitare che stessero in strada mentre le madri si prostituivano in casa.
come faccio a non ripetere quotidianamente a mio figlio, ormai diciassettenne, di andare via appena finito il liceo?
francamente, l'introduzione del voto di condotta mi fa solo sorridere...

Anonimo ha detto...

bentornato alla bloglife, oltre che alla life lavorativa...

OT (ma non del tutto). Leggiti/leggetevi l'articolo di Luca Rossomando su Repubblica di oggi (che è il 10 sett.). Si parla di napoli, ma vale anche in generale...