14 gennaio, 2010

La morte di Yussuf serva almeno a dire a noi stessi come stanno le cose

Yussuf Errahali, marocchino di 37 anni, è stato trovato morto a Napoli martedì mattina, il 12 gennaio, secondo testimoni un gruppo di persone lo ha buttato nell'acqua di una fontana.

Ecco l’intervista che ho rilasciato a Gimmo Cuomo, Corriere del Mezzogiorno del 14 gennaio, col titolo “Rossi Doria: Napoli ha perso i giovani migliori, ormai è intollerante come le altre città italiane”

Pur rattristato, indignato, il maestro di strada Marco Rossi Doria, ora a Trento per guidare il progetto «Campus» che promuove l’integrazione educativa dei ragazzi italiani e stranieri nella formazione professionale in quell’estremo lembo dell’Italia del Nord, prende atto con realismo di quella che gli appare come una realtà ineluttabile. La gravissima violenza subita nella sua città d’origine da Yussuf Errahali, vittima, se le indagini confermeranno le denunce, di un’atto di intolleranza, di xenofobia, di straordinaria gravità, rappresenterebbe quasi l’esito inevitabile «di una scommessa persa, di una promessa non mantenuta».
A quale promessa si riferisce, professore?

«Parlo della mancata costruzione nella città di una speranza collettiva, che avrebbe dovuto coinvolgere e rendere protagonisti i giovani. Per esser ancora più preciso, chiarisco che mi riferisco al fallimento della cosiddetta città dei bambini. Se le prime testimonianze sulla morte dell’immigrato marocchino trovassero conferma, direi che i protagonisti di quel crimine sono proprio i bambini destinatari di quella promessa, delle promessa della città dei bambini, che ha suscitato una grandissima speranza. Ma che poi, dall’inizio degli anni Novanta ad oggi è stata radicalmente smentita dai fatti, anzi dai fatti mancati».

E evidente che si riferisce a uno dei principali impegni elettorali di Antonio Bassolino, prima sindaco di Napoli e poi governatore della Campania. Quali sarebbero state le omissioni su questo fronte?

«Non ci sono politiche pubbliche, né di solidarietà tra pubblico e privati a sostegno dell’infanzia. Le poche iniziative in atto sono fortemente burocratizzate, lente e non sostenute sotto i profili economico e amministrativo. Non è mai stata costituita una camera di regia tra gli enti locali nonostante le migliaia di appelli in tal senso, un esercito di bravi operatori sociali, formatisi negli anni Novanta, è stato abbandonato al suo destino».

E il risultato?

«È che Napoli è diventata tale e quale al resto d’Italia. Si sono ormai persi il rispetto e la cognizione del limite. Ogni aspetto comunitario che, lungo i secoli, aveva caratterizzato la nostra città, sta rapidamente evaporando».

Prima che città c’era?

«Prima c’era una città dove insieme a tre persone propense ad attaccare briga, a tre teste calde per capirci, c’erano cinque che preferivano evitare, levare l’occasione come si dice volgarmente. Di fronte alla tentazione di infastidire quel poveretto ci sarebbe stato chi avrebbe detto di lasciarlo perdere».

Vuol dire che ora il rapporto tra, tanto per semplificare, buoni e cattivi si è invertito?

«No, peggio. I giovani migliori del centro come della periferia sono emigrati. Sono andati a lavorare a Verona, Reggio Emilia, Parma».

Non immagina alcuna possibilità di inversione di rotta?

«Occorrerebbe una grande politica di cui non si vede l’ombra, nemmeno all’orizzonte. Basta guardare al dibattito sulle prossime regionali e sulle primarie se mai si terranno: si parla di schieramenti, di alleanze, di nomi; mai dei problemi e delle possibili soluzioni per il bene della città e della regione. Ne vedremo delle belle, a ripetizione. In Campania abbiamo la nostra potenziale Rosarno nella valle del Sele. Nel Casertano potrebbe scoppiare un riot interetnico così come nelle nostre grandi periferie urbane. I giovani sono senza istruzione e senza lavoro, il controllo delle droghe non c’è. E chi si oppone a tutto questo?»

Appunto, chi si oppone?

«Le associazioni del privato sociale tengono il carro per la discesa, spesso senza essere pagate per mesi. Le scuole pubbliche fanno quel che possono e le parrocchie pure. In sintesi, la verità nuda e cruda è una sola: un dibattito pubblico sullo stato sociale nella città di Napoli e in Campania non trova spazio. Né a destra, né a sinistra».

Non è una visione troppo disperante la sua?

«Sarà anche disperante. Ma la realtà è proprio questa».

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