09 aprile, 2011

Intervista a Raffaele Del Giudice

Le vicende di ogni giorno esistono e l'immondizia continua a essere il tratto incombente del vivere quotidiano a Napoli. Ho intervistato Raffaele Del Giudice di Legambiente, una persona che da anni sta cercando di capire e di far capire i meccanismi che costringono la città in questa situazione. Lo fa con grande passione, spesso isolato e lo abbiamo visto in Biùtiful Cauntri mentre ci mostrava la Campania delle discariche.

L’intervista è uscita su la Repubblica Napoli, e la riporto qui nella sua forma integrale.


Quando vivi lontano ti perseguitano le ferite della tua città. E, poi, ogni volta che migliaia di tonnellate di immondizia indifferenziata tornano per strada devi spiegare alle persone intorno cosa è successo. E cosa si può fare. Così qualche tempo fa ho visitato gli impianti di valorizzazione dei rifiuti di Brescia. E lì la prima cosa che colpisce non è quel che esce dagli impianti ma cosa ci entra. Perché hanno, a monte e intorno, un’opera poderosa di differenziazione da parte dei cittadini. Che ha sempre inizio con la separazione del secco dall’umido e che vede azioni di smaltimento plurali: carta, alluminio, vetro, plastica ecc. Senza andare lontano: come a Vico Equense, per esempio. E soprattutto l’esatto opposto di quanto tanti dicevano durante la scorsa campagna elettorale, sindaco uscente compreso: “Il termovalorizzatore è la soluzione”. Ricordo pure una mia replica di allora: “Sindaco, prima di esserlo, c’è da differenziare e da togliere l’umido, che è acqua e l’acqua consuma energia per bruciarsi, non ne produce” E la sua risposta, simile a quella di tanti: “Ma dobbiamo fare presto…”. Invece sono passati altri cinque anni.
Ma adesso cosa si farà?”– me lo chiede un ragazzo di Padova, che ama Napoli. Gli rispondo: si deve differenziare, subito. Annuisce. Ma lo vedo poco convinto. Così decido di chiamare il mio amico Raffaele Del Giudice, direttore di Legambiente Campania, quel signore che, nel film-documentario Biùtiful Cauntri, gira come un ossesso a controllare lo stato miserevole delle discariche. Gli chiedo di rispondere alle domande in modo breve e propositivo.

Raffaele, ma è possibile fare in poco tempo il 50 per cento di differenziata a Napoli?
Non è bene chiedersi se è possibile. Perché quel chiederselo produce il lassismo e la delega mal riposta di questi anni, con il miraggio degli inceneritori come soluzione di tutto. E’ obbligatorio differenziare! Anche perché quegli impianti - che piacciano o non piacciano - comunque non possono valorizzare acqua, né creare compost o gas dall’umido né fare carta da carta né bruciare alluminio né plastiche clorurate.

Ma scusa, se è così, se al massimo devono bruciare quel che resta e farne energia, perché ne vogliono fare cinque o sei di inceneritori in Campania?
E’ avvenuto sotto la spinta della Fibe. Sostenuta da tanta politica. E’ una follia. O peggio. Comunque dissuade dal differenziare e de –responsabilizza ognununo di noi dal compito di trattare i nostri residui in quanto problema nostro. E mentre lo fa, non c’è che da cercare ogni volta un altro buco, un fosso dove sversare tutto così com’è. Con il percolato che, poi, fa i danni che fa, nelle falde sottostanti o addirittura buttato a mare aum aum! E mentre si cerca un altro fosso, le strade tornano ciclicamente in emergenza monnezza. E questo al netto dei 200 euro a tonnellata per portarla, poi, via dalla regione ormai satura e del rischio di scontri violenti all’apertura di ogni sito.

Ma Acerra c’è. Che ne facciamo?
Acerra c’è e non c’è. Perché oggi tutti i tecnici riconoscono che ci sono stati gravi difetti di progettazione e che non funge come dovrebbe. E aggiungo che - poiché Napoli è co-promotore di quel impianto - oggi ne dobbiamo esigere il funzionamento vero, delle tre linee!

Ok, esigiamolo… Ma cosa ci deve andare dentro?
La stessa roba che hai visto a Brescia, il residuo al netto della differenziata.

Allora torniamo alla differenziata. Per il 50 per cento presto, in concreto cosa si deve fare?
Intanto diciamolo chiaro: se chi diventa sindaco non attrezza tutta la logistica e non costruisce il moto di partecipazione necessario alla differenziata al 50 percento almeno, beh, va veramente sciolto il consiglio comunale, senza ulteriori alibi. Lo dice la legge e lo si faccia.

Ma se dessero a te questo compito del 50 per cento… Con chi lo fai e come?
Lo faccio con l’ASIA.

Con l’ASIA?
Si lavora con quel che c’è. Ma in modo un po’ diverso. Più che concentrarsi sull’impiantistica, lo sguardo va rivolto al chi, quando e come del differenziare. Comunque, ora lasciamo stare le pecche del passato. La situazione è così cronicamente grave che bisogna insistere su proposte concrete passaggio dopo passaggio.

Quali sono?
1 – fare un sopralluogo quartiere per quartiere, strada per strada, di ciò che esiste e funziona e di cosa manca, con i cittadini; dare un volantino sul piano; fare assemblee di strada e mettere subito contenitori differenziati tarati secondo l’urbanistica.
2 – intanto continuare a togliere l’ingombrante. Si è iniziato questo lavoro ma si può fare molto meglio. Gli elettrodomestici, pena multe salatissime, devono essere ritirati dai negozi che li vendono. Mobili, gomme, materassi, ecc. devono vedere una raccolta di 2 giorni sicuri e fissi ogni mese, zona per zona, con unità mobili. Quando ciò avviene le persone collaborano.
3 – i cartoni e anche la carta vanno raccolti separati e già lo si fa; bisogno farlo meglio, con mezzi dedicati , a partire dai grandi magazzini, dai negozi, dagli enti pubblici. I negozi devono avere uno sgravio in cambio di una funzione mobilitante, con i cittadini.
4 - e a proposito dei grandi centri commerciali dove si recano centinaia di migliaia di persone, va ingiunto subito loro di predisporre isole ecologiche e va fatta una campagna battente perché la roba, differenziata, la si porti lì nel week-end. Ci vuole un accordo subito. Perché le cose che non puzzano si possono tenere una settimana.
5 – così si differenzia l’umido da carta, alluminio, plastica e vetro. Come peraltro già accade da anni in tanti comuni virtuosi campani. Se Napoli non lo fa va commissariata. Punto.

Raffaele, perdonami: nove anni fa ci fu un inizio di differenziata. Nel mio quartiere, i Quartieri Spagnoli, i ragazzi delle scuole, anche del progetto Chance differenziavano. Un numero importante di famiglie aderirono. Poi – per dirla alla loro maniera – videro che “nun è nient o vero”. Ci fu una disillusione e una regressione terribili. Fu una vergogna politica, civile, educativa.
Lo so. Ma oggi si possono mostrare i luoghi – campani! – dove già si riconverte in modo eccellente vetro, alluminio, carta, l’olio esausto delle friggitrici, copertoni, plastica e anche i RAE, i rifiuti elettrici ed elettronici. Li mostriamo. Ci portiamo le scuole, le famiglie. Ci vuole una stagione di azione civile. E poi mostriamo le isole ecologiche che raccolgono le diverse cose. Nelle grandi superficie commerciali, appunto e in punti di raccolta, uno per ogni municipalità. Va smontata la filosofia che sta a monte di quel CDR indifferenziato basato sul mito parossistico degli inceneritori di tutto, che copriva e copre gli affari peggiori. CDR che oggi chiamano STIR – stabilimento triturazione rifiuti, che se non si differenzia è solo un cambiamento di nome. Invece vanno trasformati in centri di compostaggio. Quel che Bertolaso non ha voluto fare. Con spesa contenuta è possibile in sei mesi. Ce ne sono 7, che possono in breve trattare un totale di oltre 100 mila tonnellate.

Poi torneremo sul compostaggio. Ma ora, come si prende raccoglie la differenziata?
Come ovunque, con piccoli mezzi nei quartieri diversi, a giorni fissi a settimana. E, in più, anche alle isole ecologiche nei centri commerciali. Con buste differenziate. Con multe vere. E con la mobilitazione immediata, subito, di personale ASIA, volontari, consiglieri di tutti i partiti del nuovo consiglio comunale e di quelli di municipalità. Ci vuole un movimento per la dignità di Napoli. Un immediato scatto di orgoglio. Proprio in occasione della nuova amministrazione. E chi promuove si fa controllore.

I ragazzi almeno delle superiori potrebbero farne parte promuovente di questo movimento?
Può esserci almeno su questo un patto bipartisan prima del voto che questo giornale chiede a tutti?
Magari!!

Allora torniamo al compost.
Si fa con l’umido e anche l’ammendante, i residui legnosi e il fogliame presi dal verde urbano di Napoli.

Ho capito che vuoi invertire il trend voluto da Bertolaso che non favorì i centri per il compostaggio e riciclare in tal senso gli impianti esistenti di vario tipo. Ma come raccogli l’umido?
Con piccoli mezzi tre volte a settimana, magari anche la domenica, giorno in cui l’umido è maggiore. Inoltre le grandi utenze possono avere micro-impianti modulabili che fanno compost in proprio. Esistono già.

La regione ha presentato il suo nuovo piano. Che ne dici?
Ha cose buone. Ma è anche molto sbilanciato, ancora una volta, sui grandi impianti e sugli annunci di soluzioni generali. Poca attenzione agli impianti di compostaggio che già esistono, sul come metterli in moto, sui dettagli essenziali della raccolta, sulle buone pratiche diffuse. E soprattutto sul movimento civile necessario. Che in ogni posto del mondo serve a differenziare a fare funzionare un ciclo virtuoso dei rifiuti.

Chi guida questo movimento, nel concreto della vita cittadina?
Municipalià, ASIA, associazioni, parrocchie. Coinvolgendo, come tu dici, i giovani, le scuole. I giornali regalano un CD. Le tv locali fanno battage.

Ma ci vuole un accordo solenne e solidale tra tutti e davanti all’Italia che non ce la fa più a vederci così?
Sì.

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