31 marzo, 2012

Trovare il modo


“Sì, ho capito. State cercando i soldi, volete cambiare le cose. Ma per noi, adesso, cosa fate?”. E’ questa la domanda dei ragazzi delle scuole superiori di Mestre che incontro in un’assemblea e che in particolare uno di loro mi pone con tutta la durezza dell’accusa generazionale. E’ normale, è giusto che ci sia anche questo elemento di conflitto tra me e loro. Ma soprattutto hanno un’urgenza da comunicare. Clarissa denuncia che all’artistico non hanno i soldi per comprare gli oli, le tele, la creta e il gesso. Giovanni dell’istituto tecnico indirizzo meccanico dice che hanno macchinari troppo vecchi e per questo le aziende non li assumono. Mi raccontano anche le cose belle che provano a fare, qui e adesso, per le loro scuole: i ragazzi del liceo pedagogico hanno organizzato quattro giorni di didattica partecipata insieme ai loro insegnanti. Provano a innovare, a rompere gli schemi.
Cerco di rispondere a tutti con un linguaggio di verità, né morbido né accomodante. Senza fuggire dalle responsabilità. Come Sottosegretario, come insegnante. Come uomo della mia generazione. Ma è questa forte urgenza che mi interroga.
Come sempre, anche in giro per le scuole di Venezia e Mestre trovo problemi e cose belle, grandi energie e forti preoccupazioni. Per le scuole dell’infanzia paritarie senza fondi. Per la scuola materna ed elementare che visito, ai bordi del quartiere Macallè, dove gli italiani fuggono e le maestre si fanno in quattro per inserire anche gli ultimi arrivati. In quinta stanno facendo le divisioni a due cifre: c’è un bimbo che le risolve in un modo diverso, gliel’hanno insegnato in Moldavia.
All’assemblea pubblica che chiude la mia visita porto tutto questo. E ribadisco quel che ho detto a quei ragazzi: loro hanno ragione, gli abbiamo consegnato un mondo peggiore di quello che abbiamo ereditato. Possiamo soltanto impegnarci in questi anni per invertire la rotta. Dare alle nuove generazioni un po’ di futuro, un po’ di speranza. E rispondere a questa urgenza, anche. Trovare il modo.

Le foto della visita a Venezia e Mestre

27 marzo, 2012

Esquilino

Venerdì scorso ho passato la giornata nel rione Esquilino a Roma. Prima due scuole dell’infanzia: il Celio Azzurro, vivo esempio di integrazione tra culture e provenienze diverse, poi il nido comunale di San Gregorio al Celio. La capitale è piena di nidi, che sono esempio importante di presa in carico educativa, precoce, con modelli pensati soprattutto per l’uso degli spazi e per la cura del tempo disteso e anche di riflessione fatta tra operatori e con i genitori. Due ambienti bellissimi per i più piccoli. Poi all’Istituto di Lingue Orientali dell’Università La Sapienza, dove ho incontrato i superstiti di Hiroshima e di Nagasaki in un’aula magna gremita di studenti. Ho conosciuto il Progetto di Mediazione Sociale attivo nel mercato dell’Esquilino. Si parla con la gente, si cercano soluzioni insieme. Anche in tema di educazione permanente – life long learning: le persone del mondo che arrivano in Italia vogliono spesso ricominciare a studiare, ad apprendere, a imparare nuove professioni, a sapere bene l’italiano, a usare i nuovi media. Poi alla scuola media Di Donato, dove in un’assemblea con insegnanti e genitori ci siamo confrontati sui problemi che abbiamo davanti e su come fare fronte. Tutte realtà aperte al mondo, dove l’impegno civico tende la mano al progetto educativo. Spazi aperti al territorio, esempi positivi dove ci si rimbocca le maniche e a volte si tiene duro. Non ho sentito lamentele, ma tante buone ragioni, quelle sì. E’ questa la cosa più bella della gente di scuola.

Un video sulla scuola Di Donato

Le foto della visita al rione Esquilino