26 ottobre, 2012

Dalla parte degli insegnanti

Nino Migliori, Gente dell'Emilia, 1957
Un mio intervento sulle pagine dell'Unità del 26 Ottobre.

Ho letto con estremo interesse quanto comparso ieri sulle pagine dell’Unità: insegnanti palermitani si riuniranno oggi per discutere del tema dell’orario da un punto di vista che sento di condividere. Come maestro elementare prima ancora che per il ruolo istituzionale che ricopro. E’ sempre importante, infatti, quando si creano degli spazi per parlare della scuola e di cosa significhi oggi fare questo complesso mestiere.

Stiamo lavorando in questi giorni in Parlamento per modificare la legge di stabilità: sono convinto che non sia pensabile intervenire sull’organizzazione del lavoro dei docenti e delle scuole all’interno delle norme sui conti pubblici, provocando ulteriori perdite di posti di lavoro. Serve una grande discussione nazionale, fondata sulla partecipazione di chi va a scuola tutti i giorni, di chi può offrire, come scrivono i docenti palermitani, una “narrazione collettiva” al di fuori di stereotipi e luoghi comuni. Questa discussione deve basarsi sulla necessità di innovare la nostra scuola e di garantire a tutti apprendimenti solidi in un contesto fortemente cambiato nel tempo.

L’innovazione che serve alla scuola deve fondarsi sulla rottura dello standard- una didattica uguale per tutti- per andare con coraggio verso attività organizzate in modi anche diversi dal gruppo classe, frutto di una programmazione collegiale dei docenti, di una riflessione ed autovalutazione su punti di forza e debolezza delle strategie e azioni messe in campo, come in parte già avviene in molte scuole. Il tema che la politica e le istituzioni devono affrontare è trovare le risorse, mano a mano che l’economia nazionale darà segni di ripresa. Infatti quei Paesi che hanno investito in sapere sono stati quelli che si sono difesi meglio dalla crisi. Conoscenze diffuse, acquisite in modo rigoroso e nuovo, creeranno maggiore crescita.

E’ in questa visione che può trovare spazio la importante discussione tra i docenti palermitani.
So bene, per la mia esperienza, che il nostro dovere non termina alla fine delle lezioni. Ci sono i compiti da correggere, il materiale didattico da preparare. Un progettare e riflettere educativo per il quale serve il confronto nella comunità docente. Oggi, tranne che per la scuola primaria, questo è un lavoro svolto prevalentemente a casa, che dunque fatica ad emergere, ad essere riconosciuto dalla collettività. E ci sono poi le numerose “attività funzionali”: collegi docenti, colloqui con le famiglie, riunioni. Attività oggi quantificate con un monte ore annuale. Infine vi sono le attività in più: i corsi di recupero, i progetti inseriti nel piano dell’offerta formativa, le uscite didattiche. Questi sono considerati degli extra - poco e mal pagati - ma sono in realtà parte integrante della vita ordinaria delle scuole.

Ritengo allora che il punto di partenza di un vero confronto sul mestiere di insegnare debba puntare a rendere esplicito, riconoscibile e riconosciuto il lavoro svolto, nel suo complesso. Un tema non separabile da quello della retribuzione: i nostri insegnanti sono tra i mal pagati in Europa, non è prevista alcuna forma di carriera e si fatica a riconoscere economicamente e professionalmente chi compie sforzi maggiori in termini di programmazione ed attività. Penso sia inevitabile che anche questi aspetti entrino nella discussione. E’ tempo di ridare slancio e prospettiva a un dibattito culturale e pedagogico sulla scuola che serve al Paese per il 2020.


23 ottobre, 2012

Salvaguardare, esplicitare e riconoscere il lavoro dei prof


Sono contrario a tagliare altri posti di lavoro nella scuola e penso che dobbiamo salvaguardare la qualità dell’insegnamento. Ho ribadito ancora la mia posizione in merito alla legge di stabilità in un’intervista a Repubblica. Il mio impegno è per modificare il testo nel corso della discussione parlamentare.

Nel fine settimana ho letto quello che in tanti mi hanno scritto. Quando sono diventato Sottosegretario, ho scelto di tenere aperto questo spazio di confronto. Leggo sempre, mi è utile scambiare punti di vista. Credo che tutti i contributi potranno esserci utili in futuro, quando- speriamo presto- si potrà avviare una grande discussione nazionale sulla professione dell’insegnante. Una discussione necessaria ed auspicabile, nel primario interesse degli insegnanti e della qualità della scuola.

Non serve pensare ad aumenti del carico di lavoro, ma dobbiamo ridiscutere cosa significhi oggi svolgere questo complesso mestiere. So bene che il lavoro dell’insegnante continua anche dopo il termine delle lezioni. Questo lavoro in più - che spesso avviene a casa-  deve diventare esplicito e riconoscibile.

Ma non si possono prendere decisioni che riguardano il cuore pulsante della scuola all’interno delle norme sui conti pubblici e senza alcun dibattito preliminare. Serve un tempo lungo e un’ampia partecipazione.

18 ottobre, 2012

Innovazione e stabilità


Troveremo una soluzione diversa per la legge di stabilità. Perché la scuola, in questo momento, non ha bisogno di perdere posti di lavoro. Anzi, in alcune zone del Paese siamo sottodimensionati di fronte all'aumento di alunni, anche stranieri. E c’è la necessità di un orario più pieno, per coprire almeno una parte del pomeriggio.
Ho spiegato il mio punto di vista sulla proposta contenuta nella legge di stabilità sull'aumento dell’orario dei docenti a 24 ore settimanali in un’intervista su Il Messaggero.
La scuola viene da anni difficili e non ha bisogno di stravolgimenti. Ha bisogno di un giro di boa che la porti fuori dalle secche finanziarie e che stabilizzi progressivamente il personale. E ha tanto bisogno di innovazione. Su questo il Ministro Profumo ha pienamente ragione.
Penso che il modello delle scuole elementari possa essere esteso alle secondarie: una parte dell’orario da contratto deve essere previsto per la programmazione didattica, per i rapporti con le famiglie, per i collegi, per il lavoro di recupero delle carenze formative e di promozione delle eccellenze, anche scomponendo le classi e lavorando per gruppi. Questa discussione è importante e va affrontata. In Europa siamo gli unici a far coincidere l’orario di lavoro con le ore di didattica curricolare in classe. Un modello che può essere superato attraverso un grande dibattito nazionale. Che deve guardare, però, anche al tema della retribuzione, che può essere differenziata introducendo forme di carriera per gli insegnanti. Possiamo pensare di superare il patto “poche ore e bassi salari”.
Ci vuole un grande patto nazionale per la scuola che sappia riparare e innovare, pensando alla qualità della didattica e all'apprendimento assicurato a ciascun bambino e ragazzo.

Qui la risposta del Ministro Giarda a un'interrogazione parlamentare sul tema dell'aumento dell'orario

11 ottobre, 2012

Una risposta agli studenti

Di Salvo Intravaia, Repubblica.it


La risposta del governo alle questioni poste dagli studenti italiani, attraverso una lettera inviata a Repubblica.it non si fa attendere. A prendere carta e penna è stato il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria che, ai ragazzi che scenderanno in piazza domani, non nasconde neppure per un attimo la responsabilità della propria generazione nei confronti dei giovani. "Alla loro età - scrive - chiedevo risposte a mio padre, mettendolo - a nome della sua generazione - di fronte alle mancanze della società in cui stavo crescendo. Mio padre poteva rispondermi che comunque io avevo ereditato un Paese migliore di quello in cui lui stesso era cresciuto".

Ma adesso le cose sono molto diverse. "Noi - ammette Rossi Doria - non sempre possiamo fare altrettanto con i nostri figli. Ed è per questo che alle loro sollecitazioni siamo chiamati a rispondere sempre, anche quando manca la possibilità di offrire facili promesse e comode rassicurazioni. Con onestà e responsabilità". "La nostra generazione - risponde agli studenti dell'Unione degli universitari e della Rete degli studenti medi - non è stata all'altezza delle grandi questioni che avevamo davanti e i risultati sono adesso sotto gli occhi preoccupati dei più giovani". "Il Paese ha estremamente bisogno del loro contributo ideale e fattivo per cambiare ciò che non funziona più, per trovare le risposte che noi non abbiamo saputo dare".

Risponde anche nel merito di alcune delle dieci domande indirizzate al governo Monti dagli studenti universitari e della scuola su edilizia scolastica, didattica da svecchiare, democrazia scolastica, diritto allo studio, tasse universitarie, qualità dell'offerta formativa, numero dei laureati, finanziamento degli atenei e merito, disoccupazione giovanile. "Alcune risposte stiamo provando a darle", spiega il sottosegretario.

E illustra la strategia messa in campo dal ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, che "ha deciso di lavorare intorno a tre direttrici: far funzionare al meglio le leggi esistenti, evitando di stravolgere il sistema con nuove riforme; ottimizzare l'uso delle risorse disponibili; contribuire a una grande discussione nel Paese sul tema educativo, della formazione, della ricerca".

Ecco le risposte su alcune delle questioni poste dagli studenti.

Edilizia scolastica. "Abbiamo investito quasi un miliardo per l'edilizia scolastica, sia per ristrutturare le scuole, sia per costruirne di nuove, migliori".

Innovazione della didattica. "Abbiamo investito in dotazione di nuove tecnologie per la didattica, consapevoli che innovazione e tradizione nell'insegnamento di qualità si tengono per mano. E' per questo che abbiamo reintrodotto il reclutamento tramite concorso, per favorire in prospettiva l'ingresso in classe di un po' di insegnanti giovani".

Diritto allo studio. "Abbiamo investito nelle regioni del Sud quasi un miliardo di euro, con cui stiamo costruendo oltre cento prototipi di contrasto alla dispersione scolastica".

Riforma scolastica. "Abbiamo introdotto nel decreto semplificazioni alcune norme che consentiranno, mano a mano che ci saranno più risorse, di stabilizzare gli organici e rendere più flessibile l'organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici. Abbiamo revisionato le indicazioni nazionali per il curriculum della scuola di base in modo da rafforzare gli apprendimenti fondamentali nei primi anni di scuola per tutti i bambini. E, soprattutto, abbiamo contribuito a riprendere una discussione pubblica su ciò che serve ai ragazzi, veri destinatari e protagonisti del sistema d'istruzione. La discussione aperta da diversi mesi sulle possibili riforme dei cicli scolastici ne è un esempio".

Rossi Doria ammette, tuttavia, che "non tutto si poteva affrontare". "Alcune grandi questioni che gli studenti sentono in modo forte rimangono sul tavolo e noi possiamo soltanto raccogliere la richiesta di aprire un grande dibattito nazionale. Tali questioni potrebbero far parte di un patto costituente per l'istruzione, che tenga insieme le maggiori forze politiche e tutti i livelli istituzionali coinvolti, alla ricerca delle migliori idee e delle migliori pratiche realizzate". Eccone alcune.

Tasse universitarie. "La ricerca di un nuovo equilibrio fra tasse universitarie, servizi erogati e borse di studio, attorno a un'idea ricca di eguaglianza che sostenga maggiormente chi parte con meno, un'idea di merito per conquista e non per destino".

Innovazione della didattica. "Il rilancio della formazione in servizio dei docenti per sostenere innovazione e sperimentazione; la graduale stabilizzazione del personale e un sistema regolare di concorsi ogni due anni e la riorganizzazione dei percorsi formativi in modo flessibile, rompendo la rigida demarcazione fra tempo dello studio e tempo del lavoro".

"Alla base di questo Patto - continua Rossi Doria - andrebbe posta la necessità inderogabile di destinare all'istruzione e alla ricerca parte delle risorse che si renderanno disponibili mentre miglioreranno i conti pubblici. Infatti la crescita e il sapere sono intimamente legati". "Questi temi - conclude - vanno proposti a una discussione nazionale, dal tratto fortemente partecipativo, tenendo in grande considerazione le sensibilità e le proposte degli studenti. Anche quelle che emergono dalle proteste di questi giorni. Proteste che, se caratterizzate da uno svolgimento pacifico, ci troveranno pronti all'ascolto e disponibili al dialogo".

Restano senza risposta le domande sul diritto allo studio, sulla democrazia partecipativa all'interno delle scuole, sul numero di laureati, sulla qualità dell'offerta formativa universitaria e sul merito, sui finanziamenti agli atenei e, in cima a tutte, quella sulla disoccupazione giovanile.

(11 ottobre 2012)