21 dicembre, 2012

Qualche notizia e un augurio di buona pausa


Tra un po’si andrà al voto. In ogni caso rimangono pochi giorni per fare molte cose ed è su questo che siamo concentrati. Le Camere lavorano a pieno ritmo per portare a compimento gli ultimi provvedimenti, noi cerchiamo di finalizzare al meglio le azioni messe in campo.
In questi giorni si è svolta la preselezione del concorso per i docenti, accompagnati da molte critiche e qualche polemica. Ho avuto occasione di spiegare il mio pensiero in alcune trasmissioni radio e tv. Questo concorso- il primo concorso dopo tredici anni- si svolge in evidenti condizioni di emergenza e difficoltà, frutto di anni di graduatorie e precariato per migliaia di docenti.
Penso che sia naturale che la procedura di selezione, se finalmente tornerà regolare ogni due anni, possa essere migliorata rispetto a quella di questa prima edizione. 
E’ in ogni caso un giro di boa: d’ora in avanti ci possono essere due canali per accedere all’insegnamento. Le graduatorie, fino al loro esaurimento. E il concorso per la metà dei posti disponibili con il turn over. 
Debbo invece esprimere il mio ringraziamento a tutte le persone che hanno lavorato alla preparazione e all’organizzazione di queste giornate, senza errori e senza intoppi, con ogni difficoltà ben gestita.
Lunedì, poi, ho avuto l’onore di ricevere la cittadinanza onoraria del Comune di Monasterace (RC). E’ un posto con tante difficoltà, dove – come spesso accade in Italia – si riescono a fare cose importanti e belle. Una di queste è venuta proprio da una scuola: la Campagna “Adotta il Drago”, che il MIUR ha deciso di sostenere, promossa dai ragazzi, dagli insegnanti e dalla dirigente dell’Istituto Comprensivo Statale Amerigo Vespucci di Vibo Marina. Durante un progetto di conoscenza del patrimonio archeologico, gli studenti si sono imbattuti  a Monasterace in uno scavo di un mosaico greco raffigurante un drago, per cui mancavano fondi. E si sono attivati per cercarli. Un bell’esempio di come la scuola e il territorio possono fare cose insieme, che contano.
Un grande augurio a dirigenti, docenti, personale e studenti e alle loro famiglie. Per delle feste serene e un nuovo anno proficuo per l’apprendimento e la crescita di ciascuno. 


20 dicembre, 2012

Una risposta ai docenti diplomati magistrali


Da diversi mesi ricevo continue sollecitazioni da un gruppo di insegnanti della scuola primaria
e dell’infanzia. Si tratta di maestri che hanno conseguito il diploma magistrale entro l’anno 2001-02, che chiedono di essere riconosciuti come abilitati all’insegnamento e con pari dignità con gli altri docenti abilitati. Scrivono a me in virtù del fatto che nel lontano 1974 ho preso il diploma magistrale e due anni dopo ho iniziato a fare il maestro, mestiere che ho svolto per tutta la vita. In quanto Sottosegretario “diplomato magistrale”, insomma, ritengono contraddittoria e insoddisfacente la risposta all’interrogazione parlamentare che ho fornito alla Camera sulla loro ammissione al concorso per il reclutamento dei nuovi docenti.
Ho dato disponibilità ai loro rappresentanti per un incontro istituzionale in cui fornire risposte adeguate, ma non è stato loro possibile recarsi a Roma. Dato che non mi sembra il caso di liquidare la questione con una telefonata, voglio dare a questo punto una spiegazione pubblica - il più possibile chiara anche ai non addetti ai lavori - della mia posizione sul tema.

Ho conseguito il diploma magistrale nel 1974 perché volevo fare l’insegnante. In seguito tentai due concorsi: il primo non lo passai e ho quindi trascorsi due anni svolgendo alcune supplenze nelle scuole elementari di Roma. Nel 1976 vinsi il concorso e pochi mesi dopo entrai in classe con il mio primo incarico di ruolo a Primavalle. Ci tengo a specificare come all’epoca i concorsi fossero l’unico sistema per accedere a tempo indeterminato all’insegnamento. Ogni due anni veniva offerta una possibilità di vincere il concorso: chi vinceva, aveva il posto. Chi perdeva, se voleva, poteva ritentare dopo due anni e fare il supplente nel frattempo. Era un sistema chiaro, che garantiva delle certezze.

Quel che è successo dopo è storia: nel 1998 si decise di prevedere che gli insegnanti - tutti gli
insegnanti, anche quelli della scuola primaria – dovessero essere laureati e abilitati. Una scelta a mio avviso adeguata ai tempi perché, come è noto, avere insegnanti laureati è in tutto il mondo una garanzia di qualità dell’istruzione, in epoca di grande vastità e complessità del sapere. Si propose un modello nel quale per essere insegnanti occorreva anche avere svolto un percorso professionale che conferiva l’abilitazione. Questo percorso aveva due strade possibili: aver completato il corso di laurea in scienze della formazione primaria, che già prevede al proprio interno ore di tirocinio e messe in prova professionali, oppure, per chi aspirava ad insegnare alle secondarie, frequentare le SSIS. Nel 2008/09 le SSIS sono state sospese e si è deciso di sostituirle con il Tirocinio Formativo Attivo (TFA), attivato per la prima volta nel 2011/12 dall’attuale Governo.

Occorre sottolineare, però, che dal 1999 al 2012 non si sono più svolti concorsi ordinari.Tuttavia, al solo fine di conseguire l’abilitazione/idoneità e la successiva iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento, nel 2004 sono stati indetti concorsi riservati a coloro che erano in possesso del titolo di studio necessario e con esperienza professionale di 360 giorni di servizio In questo modo, le nomine in ruolo sono avvenute, nel frattempo, scorrendo per il 50% le graduatorie dei concorsi precedenti e per l’altro 50% scorrendo le graduatorie permanenti. rese giustamente ad esaurimento dal Ministro Fioroni e poi riaperte dal Parlamento per sanare la situazione di categorie di docenti per varie ragioni rimasti esclusi. In 13 anni di lunghe code, tagli agli organici e innalzamento dell’età pensionabile la situazione è diventata ancor più complessa.

In questo quadro è giunto il Governo di cui faccio parte. Abbiamo ereditato una situazione complessa, che coinvolge centinaia di migliaia di docenti o aspiranti tali con storie diverse, esperienze diverse, percorsi formativi e titoli diversi. Non abbiamo creato la precarietà. L’abbiamo ereditata.

Così siamo partiti da due domande: può un paese normale permettersi ancora anni senza concorso? Può d’altra parte chiudere le porte a tanti docenti precari che già lavorano a scuola? 

19 dicembre, 2012

"Scuola di classe"


Sabato 15 Dicembre sul quotidiano La Repubblica, nelle pagine culturali, grazie a un’intervista di Francesco Erbani ho avuto la possibilità di una riflessione pacata attorno al tema della scuola, delle politiche italiane per il settore, con uno sguardo ampio, oltre la stretta attualità. 
L’occasione è legata al convegno dell’Associazione Forum del Libro tenutosi lo stesso giorno a Napoli, dal titolo “Perché almeno 333.333 napoletani leggono libri”, a cui ho partecipato.
Ho anticipato in questa intervista alcuni punti del mio intervento, provando a ragionare su come le classi dirigenti italiane hanno considerato nel tempo il legame tra istruzione e cultura, con quali scelte, con quali limiti.
In attesa di dare aggiornamenti sui tanti eventi e impegni di questi giorni – uno fra tutti lo svolgimento delle preselezioni del concorso per i docenti- ripropongo l’intervista qui in versione integrale.

08 dicembre, 2012

Il tempo corre


Il tempo corre e corriamo anche noi, per portare a termine ciò che abbiamo iniziato, in mezzo a un clima politico sempre più turbolento.

Il 6 Dicembre si è svolto al Ministero il seminario “La via italiana all’inclusione scolastica. Valori, problemi, prospettive”. Lo abbiamo organizzato per fare una riflessione approfondita, seria e serena, a 35 anni dalla legge 517/77, sui risultati ottenuti dal modello di integrazione dei disabili nelle scuole e sulle idee in campo per risolvere alcune criticità del sistema.
Siamo un’eccellenza nel mondo e tanti Paesi OCSE studiano il nostro modello: soltanto pochi giorni fa ho incontrato una delegazione dell’ambasciata francese proprio su questo tema. 
Abbiamo permesso, in questi 35 anni, uno splendido incontro con la diversità e la fragilità a tutte le persone in crescita. Abbiamo dato un senso alla crescita a centinaia di migliaia di persone. E’ un patrimonio relazionale importantissimo che va preservato. E per farlo è importante poter ragionare con tutte le istituzioni coinvolte, con le scuole, con le associazioni e le fondazioni. E con le famiglie e i ragazzi.
Per una volta in Italia, siamo tutti d’accordo sul mantenimento di questo modello. La nuova direttiva del MIUR propone un’ulteriore innovazione: l’approccio dei bisogni educativi speciali, un passo deciso verso la scuola di tutti e di ciascuno. Tutte le fragilità, anche quelle temporanee, devono trovare appoggio: il sostegno può diventare una risorsa per l’intero gruppo classe e le competenze degli insegnanti vanno estese e rafforzate. In questa direzione va anche la riorganizzazione territoriale dei CTS (Centri territoriali di supporto).

Ho risposto alla bella lettera pubblica che mi ha inviato su Repubblica.it il mio amico maestro Franco Lorenzoni. Lui propone di lasciare le classi elementari fino agli otto anni senza schermi né pc. Condivido parte del suo ragionamento, ma non ho mai creduto alle proibizioni. Per insegnare il vento oggi, occorre sia costruire aquiloni e farli volare, sia navigare sul web alla ricerca di informazioni. E’ una bella importante discussione e ringrazio Franco per averla avviata.

La scuola non può più sottrarsi alla necessità di regalare a bambini e ragazzi una quantità di esperienze diverse, laboratoriali e fattive. Bisogna parlare linguaggi diversi, esplorare i diversi territori del sapere organizzato e delle emozioni. Anche per questo, come supporto fattivo alle scuole autonome, abbiamo insediato al Miur un tavolo tecnico su Cinema e Teatro. Dovrà dare una ricca impronta pedagogica ai laboratori teatrali nelle scuole, riconoscendo le tantissime professionalità ed esperienze già attivate.


07 dicembre, 2012

Scampia: le maestre sono lo Stato

La foto viene da qui

In alcuni territori difficili le maestre sono lo Stato (l’ho detto qui e qui). E dimostrano professionalità, coraggio, determinazione proprio nei momenti più duri. E’ questo il caso delle maestre della scuola materna di Scampia nel cui cortile pochi giorni fa è avvenuto l’ennesimo omicidio di camorra.
Napoli sta vivendo una nuova recrudescenza della violenza criminale. L’opera repressiva ha consentito di chiudere alcune piazze di spaccio, ma la difficoltà e la complessità sono grandi.

Un fatto come questo fa orrore a tutti e diffonde la paura tra chi ogni mattina manda in quel quartiere i bimbi a scuola. Ci sono momenti in cui i gesti simbolici contano. E’ per questo che stamattina mi sono recato nella scuola dell’infanzia “Eugenio Montale”. Ho trascorso del tempo con il dirigente scolastico, le maestre, i bimbi e le mamme, insieme all'amico Don Fabrizio Valletti. Tanti vecchi amici. E’ arrivato il Ministro Cancellieri, lo staff del Ministero dell'Interno, il prefetto. Abbiamo parlato con il presidente della municipalità e parlato  ancora con le mamme e le maestre. Un segnale forte di presenza istituzionale. Il Ministro ha raccontato il lavoro di repressione che si sta svolgendo. Che è importantissimo, perché senza il controllo del territorio è impossibile fare le cose.

Ho pensato: cerchiamo di non dividerci come al solito tra favorevoli all’invio dell’esercito “perché questa è una guerra” e contrari perché “serve ben altro”. 
E proviamo per una volta a capire e ascoltare chi in questo territorio vive, lavora, fa volontariato. Persone in mezzo a tante difficoltà, che in questo momento hanno anche paura e hanno diritto alla sicurezza. 
Allora questo è il mio pensiero: serve una strategia ampia, di lungo respiro, perché non sono cose che si risolvono in un mese. Serve dare un orizzonte largo, con tante azioni diverse che si tengono la mano. La repressione e la presenza di mezzi ingenti per il controllo del territorio è un aspetto. Non sono un esperto di ordine pubblico, ma di questo son convinto. Insieme a questo ci sono gli altri aspetti indispensabili: la cura dell’infanzia, l’istruzione, la lotta alla povertà. Le due cose insieme. L’ho scritto tante volte, abbiamo lavorato in molti a ciò, abbiamo studiato i modelli in giro per il mondo. 

E su questo, in questi mesi, qualcosa abbiamo messo in campo: partiranno con il nuovo anno i prototipi contro la dispersione scolastica nelle zone di massima esclusione sociale ed economica del Mezzogiorno, finanziati con 100 milioni, che prevedono anche il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie per spazi di aggregazione giovanile e il coinvolgimento del privato sociale.  In queste stesse aree arriveranno anche un po’ di fondi per gli asili nido. E' un lavoro lungo e complesso e mancano ancora altri tasselli, fra cui qualche azione decisa per combattere la povertà e promuovere l’autoimpiego dei giovani, anche con qualche prestito bancario vero, magari. 

La scuola è un presidio fondamentale. E sta davvero facendo la sua parte. Dobbiamo fare costante manutenzione delle cose che funzionano, aprire presto i cantieri promossi con i soldi europei, evitare sprechi, dare soldi al buon privato sociale napoletano che è allo stremo, rigenerare bene le risorse sui tempi lunghi, valutare con rigore i risultati. E’ un impegno culturale e concreto possibile.