26 maggio, 2015

Per una politica meridionalista

Un mio articolo pubblicato su la Repubblica Napoli il 22 maggio 2015.

L'articolo con il quale Ottavio Ragone ha voluto avviare il suo lavoro di direttore di Repubblica Napoli ha esplicitato un'ispirazione, culturale e politica, quella del grande Meridionalismo.
E' una tradizione impegnativa, che inizia con le parole profetiche di Mazzini: "l'Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà". E che attraversa tutto il secolo scorso: Fortunato, Salvemini, Gramsci, Nitti, Sturzo, Dorso fino a Saraceno, Compagna, mio padre e molti altri che, insieme a migliaia di persone, hanno lavorato per il riscatto, l'innovazione, la lotta ai potentati fondati sull'interesse proprio contro quello comune e per una politica capace di guidare questa spinta.
Il Meridionalismo era fatto di persone molto diverse e che sostenevano posizioni differenti. Eppure avevano alcuni forti tratti comuni. Erano capaci di analizzare in modo rigoroso la nostra realtà entro lo scenario nazionale ed europeo. Facevano proposte bene articolate legate a persone competenti. Pensavano che il nostro riscatto non poteva avvenire con la demagogia né arrendendosi al "piangi e fotti" dei notabiliati parassitari. Non erano "élites di testimonianza" ma si impegnavano a "fare politica" coinvolgendo migliaia di insegnanti, imprenditori, funzionari pubblici, artigiani, contadini, scienziati, operai attraverso l'impegno disinteressato, anche nei partiti, nei sindacati, nell'associazionismo. Non sono mai stati "contro il Nord" ma "insieme alla parte migliore del Nord" perché ogni volta hanno cercato le possibili alleanze contro il nemico comune: la rendita.

10 maggio, 2015

Quando la scuola si ferma

Un mio articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa il 6/5/2015 a seguito delle proteste del mondo della scuola contro i progetti di riforma del Governo.

Quando si ferma la scuola è una cosa seria. La scuola è, infatti, un luogo che unisce molte cose: si impara il sapere dell'umanità in un tempo di radicale mutamento del come e del cosa si impara, si apprende a stare insieme tra coetanei nel mezzo di una crisi educativa generale che è di tutta la società, è il luogo della Repubblica che è più vicino alle attese e ai sentimenti di ciascuno. Sì, perché la scuola - tra bambini, ragazzi, docenti e altri lavoratori - comprende 9 milioni di persone; e, intorno - tra genitori, nonni e altri - almeno altri 20 milioni. Luogo di speranza e artigianale costruzione, di grande inclusione, di dolorose esclusioni, di meravigliose innovazioni fatte da docenti straordinari, di conservazioni inaccettabili e anche di docenze mediocri.
E' per questo e per tanto altro ancora che tutto ricomincia a muovere le menti e i sentimenti quando il tema è la scuola. Esercitare scelte riguardanti la scuola, in modo democratico, non è facile. Ci vogliono processi ben sorvegliati. E' certo che non tutti possono essere sempre d'accordo. Ma è pur vero che se così tanti - e così diversi tra loro - sono contro una proposta che riguarda la trasformazione della scuola bisogna dare ascolto - per il bene stesso del processo di cambiamento -  e riflettere perché, evidentemente, il processo non è andato come poteva.